Renato
non si sentiva più lo stesso uomo di prima, quell’uomo di poche parole a cui
confidare la propria vita.
Il
cambiamento cresceva in lui come un bulbo a primavera. Silenzioso.
Lentamente
il castello che aveva creato intorno a sé era crollato e con lui stavano crollando
tutti i castelli intorno.
Nessuna
legge assoluta, nessun regolamento a comandarlo.
Era
rimasto solo lui, superstite in ogni scelta.
Sapeva
che non avrebbe mai trovato pace in un mondo che permetteva si morisse
ingiustamente, ma una cosa della sua società la amava: la civiltà innata. La
regola morale per cui la gentilezza è meglio della maleducazione, la stessa
regola morale che spinge le persone a non insultarsi, ma a dialogare
civilmente, a sorridere con sincerità, a salutare entrando in un locale, a
cedere il passo alla donna anziana davanti al portone o al cagnolino a
passeggio. La regola morale secondo cui la violenza è un atto estremo ed
imperdonabile.
Amava
il buonsenso, quello che permetteva a lui e a tutti i suoi simili di camminare
per la strada senza essere insultati gratuitamente, presi a calci o derubati
con la forza.
Amava
la civiltà innata che era l’opposto della diplomazia, falsità mascherata da
gentilezza.
Al
tempo stesso accettava l’inciviltà e, prendendo le distanze, la guardava. Poiché
solo da una certa distanza avrebbe potuto vedere le cose chiaramente.
Che
persone erano quelle che lo circondavano?
Quella
mattina niente lo spaventava. Nemmeno le parole taglienti di un ubriacone
arrabbiato che lo tiravano al centro dell’attenzione, nemmeno lo sguardo
curioso della folla sul suo corpo in ombra.
Sentiva
di potersi superare.
Era
solo un altro pazzo tappato nel manicomio con tutti gli altri.
Avrebbe
sorriso al mondo intero, salutato ogni faccia che incontrava.
La
sera, guardando la luna attraverso il vetro sporco, provò ad immaginare il suo
futuro lontano da lì. Una città caotica piena di luci. Una casetta di montagna
in cui affondare nel silenzio.
Magari
avrebbe lavorato il legno come mestiere. Magari avrebbe buttato spaghetti
davanti ad un minimarket. Magari avrebbe capito quello che voleva.Finalmente.
tratto 'Come i binari' di Liliana Casadei.
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