martedì 22 aprile 2014

Il quartiere


Renato non si sentiva più lo stesso uomo di prima, quell’uomo di poche parole a cui confidare la propria vita.

Il cambiamento cresceva in lui come un bulbo a primavera. Silenzioso.

Lentamente il castello che aveva creato intorno a sé era crollato e con lui stavano crollando tutti i castelli intorno.

Nessuna legge assoluta, nessun regolamento a comandarlo.

Era rimasto solo lui, superstite in ogni scelta.

Sapeva che non avrebbe mai trovato pace in un mondo che permetteva si morisse ingiustamente, ma una cosa della sua società la amava: la civiltà innata. La regola morale per cui la gentilezza è meglio della maleducazione, la stessa regola morale che spinge le persone a non insultarsi, ma a dialogare civilmente, a sorridere con sincerità, a salutare entrando in un locale, a cedere il passo alla donna anziana davanti al portone o al cagnolino a passeggio. La regola morale secondo cui la violenza è un atto estremo ed imperdonabile.

Amava il buonsenso, quello che permetteva a lui e a tutti i suoi simili di camminare per la strada senza essere insultati gratuitamente, presi a calci o derubati con la forza.

Amava la civiltà innata che era l’opposto della diplomazia, falsità mascherata da gentilezza.

Al tempo stesso accettava l’inciviltà e, prendendo le distanze, la guardava. Poiché solo da una certa distanza avrebbe potuto vedere le cose chiaramente.

Che persone erano quelle che lo circondavano?

Quella mattina niente lo spaventava. Nemmeno le parole taglienti di un ubriacone arrabbiato che lo tiravano al centro dell’attenzione, nemmeno lo sguardo curioso della folla sul suo corpo in ombra.

Sentiva di potersi superare.

Era solo un altro pazzo tappato nel manicomio con tutti gli altri.

Avrebbe sorriso al mondo intero, salutato ogni faccia che incontrava.

La sera, guardando la luna attraverso il vetro sporco, provò ad immaginare il suo futuro lontano da lì. Una città caotica piena di luci. Una casetta di montagna in cui affondare nel silenzio.
Magari avrebbe lavorato il legno come mestiere. Magari avrebbe buttato spaghetti davanti ad un minimarket. Magari avrebbe capito quello che voleva.

Finalmente.


tratto 'Come i binari' di Liliana Casadei.

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